Il peposo

foto peposoL’Impruneta, paesino attaccato a Firenze, pieno di luce, di olivi e di verde, è famoso per la produzione del cotto, una terracotta toscana, rossiccia, famosa in tutto il mondo, cha ha lastricato mille e mille palazzi, chiese, piazzali; in questo luogo dalla terra rossa è legata la nascita di un piatto della tradizione toscana: il peposo

Il peposo è un piatto a base di carne, cotta …in forno a fuoco moderato (proprio come si fa per la terracotta) con pochi condimenti ed un quantitativo a dir poco generoso di pepe, da cui deriva il nome. Il peposo è, quindi, la tipica esemplificazione della cucina toscana: ingredienti ottimi, cotture semplici, condimenti giusti per esaltare e non coprire il gusto di questa cucina che potrebbe sembrare essenziale ma che invece è ricca e ricercata nella scelta delle materie prime e nel totale rispetto della loro natura nel cucinarli
Ma anche la terracotta ha avuto un ruolo nella creazione di questo semplice e gustosissimo piatto; infatti, sono stati proprio i fornacini (gli addetti alla cottura dei mattoni nelle fornaci) che hanno creato il peposo: in un angolo della fornace, là dove non avrebbe dato fastidio al loro lavoro, mettevano un tegame di coccio con tutti gli ingredienti affogati nel vino; dopo circa cinque ore il piatto era pronto.
Ma la creazione di questo piatto è legata, tra la storia e la leggenda, anche alla costruzione della cupola della Cattedrale di Santa Maria in Fiore, il Duomo di Firenze: si narra infatti che, al tempo del Brunelleschi, i fornacini addetti alla cottura dei mattoni facessero largo uso di questa pietanza.
Evidentemente il pasto, il pepe ed il vino contribuirono ad ottimizzare il lavoro degli operai esaltando la bellezza dell’opera del Brunelleschi…

Cristina

Luigi D’Amelio del Birrificio Extraomnes di Marnate (VA) è Il Birraio dell’anno 2013

LUIGI D'AMELIO - birrificio ExtraomnesLuigi D’Amelio del Birrificio Extraomnes di Marnate (VA) è Il Birraio dell’anno 2013

Al birraio lombardo la quinta edizione del riconoscimento
che premia livello e costanza qualitativa dimostrati nel corso dell’anno

E’ Luigi D’Amelio del Birrificio Extraomnes di Marnate (VA) ad aggiudicarsi l’ambito titolo di Il Birraio dell’anno 2013, un riconoscimento ideato e organizzato dal network Fermento Birra (www.fermentobirranetwork.com) con la sponsorizzazione di Comac (www.comacitalia.it)che premia ogni anno eccellenza e costanza qualitativa dimostrata nel corso dell’anno appena concluso. Una sorta di Pallone d’Oro del mondo della birra artigianale italiana che ha visto coinvolti oltre cinquanta giurati, un squadra distribuita in maniera omogenea sul territorio nazionale formata da degustatori professionisti ed esperti del settore, chiamati ad esprimere il proprio personale podio di gradimento.

Luigi D’Amelio si è imposto su birrai blasonati, nonostante la giovane età produttiva (2010), grazie a birre di personalità firmate con uno stile che attinge alle migliori moderne espressioni del panorama belga come De Dolle, De Ranke, De La Senne. Birre intriganti, complesse, contraddistinte sempre da una freschezza di fondo, dall’immancabile secchezza finale e da una pericolosa scorrevolezza. Ne sono un fulgido esempio la Blond, con i suoi profumi agrumati e speziati, o la Zest, caratterizzata dall’esplosivo bouquet di frutta esotica, entrambe “timbrate” Extraomnes per quel tagliente amaro conclusico. Un birraio che ha dimostrato la sua cifra tecnica e creativa con birre di spessore come la Straff, la Tripel, fulgido esempio di questo stile, e la natalizia Kerst, o ancora confrontandosi con la tipologia Saison, esaltandone le luppolature sempre integrate alle speziature del lievito. Un 2013 che lo ha visto protagonista con molte novità che hanno riscosso un immediato successo di pubblico e critica come la saison Wallonie, la floreale Hopbloem aromatizzata con foglie dell’esotica Combava, la possente Quadrupel. Al suo arco non mancano birre affinate in botte come la sorprendente Weltanschauung, una oud bruin affinata 20 mesi in barrique o birre speciali come la Donker, un imperial stout aromatizzata con caffè etiope.

Anche se il birrificio fa capo ad El Mundo, una azienda di caffè del varesotto, Extraomnes è una creatura di Luigi D’Amelio. Un nome che circola già da tempo nel mondo della birra artigianale, ben prima che diventasse birraio, per via delle sue abilità di degustatore, affinate con i corsi per sommelier Ais e Onav e soprattutto con le illuminanti lezioni di Luigi Veronelli nei primi anni ’90, oltre che per la sua urticante vis polemica praticata nei vari forum della rete, dove imperversa con il nome di Schigi, soprannome con il quale è conosciuto. Autodidatta, deve moltissimo ai numerosi viaggi in Belgio compiuti con l’amico fraterno Lorenzo “Kuaska” Dabove, rinomato degustatore e giudice internazionale e ai proficui scambi con i molti amici birrai e homebrewers.

IL BIRRIFICIO
Nato nel 2010, il birrificio si trova a Marnate nel varesotto all’interno dell’azienda di caffè El Mundo, entusiasta promotrice del progetto Extraomnes. Sono una quindicina le etichette tra fisse e stagionali, imbottigliate nel formato da 33cl, tutte ad alta fermentazione di stampo belga. In produzione Luigi D’Amelio è affiancato da fidato Stefano Zandalini e Stefano Celora. 1000hl la birra prodotta annualmente con un impianto da 10hl e una cantina da 170hl. Info: extraomnes.com

IL PREMIO
Il premio, giunto alla quinta edizione, nasce con l’intento di riconoscere il lavoro di un birraio svolto nel corso di un intero anno. A differenza dei classici riconoscimenti, non intende valutare la bontà di una birra in un preciso momento, ma piuttosto la bravura tecnica del birraio nel suo complesso, la sua filosofia, la costanza qualitativa dei prodotti. Un approccio fondato sull’intimo legame tra birra artigianale e il produttore, che ha permesso di superare alcuni limiti di molte competizioni dedicate alle birre artigianali, come quello delle classificazioni che caratterizzano i principali concorsi (data l’oggettiva difficoltà ad inquadrare soprattutto i prodotti nostrani) o di evitare la premiazione di quelle che potremo definire “birre da concorso”, birre a volte fortuite, difficilmente reperibili dal consumatore e spesso ancor più difficilmente ripetibili dal birraio.

CLASSIFICA BIRRAIO DELL’ANNO 2013

1) Luigi “Schigi” D’Amelio, birrificio Extraomnes di Marnate (VA)
2) Giovanni Campari, Birrificio del Ducato di Roncole Verdi di Busseto (PR)
3) Nicola Perra, birrificio Barley di Maracalagonis (CA)
4) Riccardo Franzosi, Birrificio Montegioco di Montegioco (AL)
5) Gino Perisutti, birrificio Foglie d’Erba di Forni di Sotto (UD
6) Fabio Brocca, Birrificio Lambrate di Milan
7) Valter Loverier, birrificio Loverbeer di Marentino (TO)
8) Enrico Dosoli e Marco Valeriani, birrificio Menaresta di Carate Brianza (MB)
9) Francesco Mancini e Carlo Franceschini, Birrificio del Forte di Pietrasanta (LU)
10) Agostino Arioli, Birrificio Italiano di Limido Comasco (CO)

“ALBO D’ORO” BIRRAIO DELL’ANNO:

2013: Luigi D’Amelio, birrificio Extraomnes di Marnate (VA)
2012: Riccardo Franzosi, Birrificio Montegioco di Montegioco (AL)
2011: Gino Perissutti, birrificio Foglie d’Erba di Forni di Sotto (UD)
2010: Valter Loverier, birrificio LoverBeer di Marentino (TO)
2009: Nicola Perra, birrificio Barley di Maracalagonis (CA)

I GIURATI DELL’EDIZIONE 2013
Andrea Ambrosini, Marco Bellini, Davide Bertinotti, Gianluca Bianchi, Matteo Billia, Flavio Boero, Massimo Bombino, Vanni Borin, Alberto Botti, Andrea Camaschella, Luca Turchetta, Simone Cantoni, Mirko Caretta, Luca Celoria, Manuele Colonna, Fabio Cornelli, Andrea Crippa, Alessio Deplano, Manila Di Benedetto, Francesco Donato, Daniele Fajner, Massimo Faraggi, Stefano Frasca, Michele Galati, Filippo Garavaglia. Luca Gatteschi, Marco Ghelfi, Giuseppe Ghighini, Luca Giaccone, Marco Giannasso, Lorenzo Dabove, Alberto Laschi, Enrico Lovera, Maurizio Maestrelli, Antonio Maiorano, Giorgio Marconi, Daniele Merli, Alessandro Meroni, Enzo Pinelli, Marco Pion, Marco Piraccini, Gianluca Polini, Giancarlo Raccagni, Sergio Riccardi, Stefano Ricci, Isidoro Sanna, Gianfranco Sansolino, Eugenio Signoroni, Gabriele Triossi, Marco Tripisciano, Andrea Turco, Nicola Utzeri, Marco Valente, Marco Valenti.

Info:
eventi@fermentobirra.com

Dott. Minoru Shirota

Dott. Minoru Shirota (1899-1982) – Fondatore di Yakult

“Un intestino sano porta ad una vita più lunga e più sana”

Si tratta di uno dei pilastri della filosofia del dott. Minoru Shirota – microbiologo e ricercatore della Facoltà di Medicina dell’Università di Kyoto – che più di 75 anni fa scoprì un particolare fermento lattico, tanto forte da resistere ai succhi gastrici e giungere vivo nell’intestino, favorendo così l’equilibrio della flora intestinale. Questo fermento fu chiamato Lactobacillus casei Shirota (LcS), in suo onore. Per veicolare il fermento LcS, il dott. Shirota decise di produrre un latte scremato fermentato che chiamò Yakult, dal termine “jahurto” che in esperanto significa yogurt. La scelta di questo nome, scritto in lettere occidentali, dimostra la visione moderna e internazionale che il dott. Shirota aveva già nel 1935.

Ufficio Stampa Yakult Italia
PR Department

H  Via V. Monti, 51
20123 Milano

” Visit us at: http://www.yakult.it

Albergo Icehotel scavato nel ghiaccio dove si mangia e si beve in piatti e bicchieri di ghiaccio e si dorme in camere a -5

In Svezia all’ albergo Icehotel, scavato nel ghiaccio,    si mangia e si beve in piatti e bicchieri di ghiaccio e si dorme in camere a -5° nel profondo nord della Lapponia svedese, osservando l’ aurora boreale in una danza di luci fluorescenti ed un concerto di suoni striduli che vengono direttamente dallo spazio.

Harry Di Prisco

La paranza- Cristina

La frittura di paranza è una frittura di pesce di piccolo taglio, molto diffusa nella cucina napoletana, ma anche in altre parti d’Italia.
Prende il nome dalla paranza, che è una tipica barca da pesca per la pesca a strascico comunemente impiegata dalle marinerie italiane.
È di solito fatta con merluzzetti, triglie, sogliolette (fricassuari, in napoletano), ma possono esservi anche altre varietà di pesce di piccolo taglio, come alici, mazzoni, retunni o vope.
La frittura viene fatta passando il pesce nella farina, quindi friggendolo rapidamente nell’olio bollente e poi asciugandolo su carta assorbente. La frittura di pesce va mangiata caldissima (frijenno magnanno, è il modo di dire tipico napoletano). Talvolta viene accompagnata a tavola da spicchi di limone, il cui succo è da alcuni apprezzato come condimento della frittura.
 

 

Aicig: soddisfazione per la programmazione dei volumi per il settore dei prosciutti Dop

Notevole soddisfazione all’Associazione dei Consorzi Italiani ad Indicazione Geografica per l’approvazione della programmazione produttiva per i prosciutti DOP. Al termine di un laborioso e complesso negoziato, la Commissione, il Parlamento ed il Consiglio dei Ministri europei hanno finalmente trovato un accordo politico in merito alle richieste italiane nell’ambito dell’OCM unica all’interno della Riforma della PAC e definito quindi le basi per una norma che consentirà ai prosciutti DOP di regolamentare le produzioni tutelate in funzione dell’andamento del mercato.

“Da sempre – afferma l’on. Mario Catania – mi sono battuto per l’accoglimento di una richiesta proveniente dal mondo della produzione per la programmazione dei volumi produttivi dei prodotti DOP e IGP. Per questo le notizie provenienti da Bruxelles mi confortano e rendono merito a tutti quelli che, sia all’interno del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sia all’esterno, hanno lavorato in tal senso”.

“E’ con enorme piacere – afferma il Presidente dell’associazione Giuseppe Liberatore – che Aicig accoglie la decisione di Bruxelles che, nell’ambito della Riforma della PAC, ha previsto una norma che permetterà di regolamentare l’offerta dei prosciutti DOP. Dopo anni di paziente lavoro a fianco dei Consorzi di Parma e San Daniele, Aicig si rallegra che Commissione, Parlamento e Consiglio dei Ministri europei abbiano recepito le istanze italiane sostenute con determinazione dal nostro Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. Un particolare ringraziamento va riservato al Presidente della Commissione agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento Europeo, on. Paolo De Castro, per l’impegno e la tenacia con cui ha guidato le negoziazioni su questo argomento, sostenuto dai colleghi on. Dorfmann e on. Scottà. Questo importante successo corona il lavoro di squadra dei Consorzi di tutela italiani. Fare sistema è un modo per portare all’attenzione delle istituzioni nazionali e comunitarie le esigenze dei prodotti di qualità, simboli eccellenti del Made in Italy agro-alimentare”.

“Da sempre – afferma l’on. Mario Catania – mi sono battuto per l’accoglimento di una richiesta proveniente dal mondo della produzione per la programmazione dei volumi produttivi dei prodotti DOP e IGP. Per questo le notizie provenienti da Bruxelles mi confortano e rendono merito a tutti quelli che, sia all’interno del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sia all’esterno, hanno lavorato in tal senso”.

“E’ con enorme piacere – afferma il Presidente dell’associazione Giuseppe Liberatore – che Aicig accoglie la decisione di Bruxelles che, nell’ambito della Riforma della PAC, ha previsto una norma che permetterà di regolamentare l’offerta dei prosciutti DOP. Dopo anni di paziente lavoro a fianco dei Consorzi di Parma e San Daniele, Aicig si rallegra che Commissione, Parlamento e Consiglio dei Ministri europei abbiano recepito le istanze italiane sostenute con determinazione dal nostro Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. Un particolare ringraziamento va riservato al Presidente della Commissione agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento Europeo, on. Paolo De Castro, per l’impegno e la tenacia con cui ha guidato le negoziazioni su questo argomento, sostenuto dai colleghi on. Dorfmann e on. Scottà. Questo importante successo corona il lavoro di squadra dei Consorzi di tutela italiani. Fare sistema è un modo per portare all’attenzione delle istituzioni nazionali e comunitarie le esigenze dei prodotti di qualità, simboli eccellenti del Made in Italy agro-alimentare”.

 

Ufficio Stampa AICIG

Marte Comunicazione snc di Marzia Morganti Tempestini & C.

Tel 335 6130800 Email: marzia.morganti@gmail.com; press@aicig.it

Aicig: soddisfazione per la programmazione dei volumi per il settore dei prosciutti Dop

Notevole soddisfazione all’Associazione dei Consorzi Italiani ad Indicazione Geografica per l’approvazione della programmazione produttiva per i prosciutti DOP. Al termine di un laborioso e complesso negoziato, la Commissione, il Parlamento ed il Consiglio dei Ministri europei hanno finalmente trovato un accordo politico in merito alle richieste italiane nell’ambito dell’OCM unica all’interno della Riforma della PAC e definito quindi le basi per una norma che consentirà ai prosciutti DOP di regolamentare le produzioni tutelate in funzione dell’andamento del mercato.

“Da sempre – afferma l’on. Mario Catania – mi sono battuto per l’accoglimento di una richiesta proveniente dal mondo della produzione per la programmazione dei volumi produttivi dei prodotti DOP e IGP. Per questo le notizie provenienti da Bruxelles mi confortano e rendono merito a tutti quelli che, sia all’interno del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sia all’esterno, hanno lavorato in tal senso”.

“E’ con enorme piacere – afferma il Presidente dell’associazione Giuseppe Liberatore – che Aicig accoglie la decisione di Bruxelles che, nell’ambito della Riforma della PAC, ha previsto una norma che permetterà di regolamentare l’offerta dei prosciutti DOP. Dopo anni di paziente lavoro a fianco dei Consorzi di Parma e San Daniele, Aicig si rallegra che Commissione, Parlamento e Consiglio dei Ministri europei abbiano recepito le istanze italiane sostenute con determinazione dal nostro Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. Un particolare ringraziamento va riservato al Presidente della Commissione agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento Europeo, on. Paolo De Castro, per l’impegno e la tenacia con cui ha guidato le negoziazioni su questo argomento, sostenuto dai colleghi on. Dorfmann e on. Scottà. Questo importante successo corona il lavoro di squadra dei Consorzi di tutela italiani. Fare sistema è un modo per portare all’attenzione delle istituzioni nazionali e comunitarie le esigenze dei prodotti di qualità, simboli eccellenti del Made in Italy agro-alimentare”.

 

Ufficio Stampa AICIG

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Al via i negoziati bilaterali per l’accordo di libero scambio Ue-Usa.

aicig logo.jpgOccasione imperdibile per l’agroalimentare italiano, serve un impegno trasversale di tutte le Istituzioni.

Dopo l’intesa raggiunta dai 27 Paesi dell’Unione, si inaugurano oggi, con l’avvio del G8 in programma a Lough Erne in Irlanda del Nord, i negoziati bilaterali per l’accordo di libero scambio tra Ue e Stati Uniti.

La Commissione europea ha ricevuto mandato per la stipula di un nuovo trattato commerciale con il partner americano ritenuto cruciale dagli osservatori più accreditati.

Tra gli argomenti oggetto di discussione, particolare attenzione sarà riservata al tentativo di superare barriere doganali e regolamentari che impediscono una crescita sostenuta degli scambi tra le due aree economiche.

In questo ambito, assumono significativo rilievo le problematiche da affrontare relative al riconoscimento e alla tutela dei prodotti ad Indicazione Geografica, nonché questioni extra-tariffarie (prevalentemente di carattere sanitario) che coinvolgono il comparto agroalimentare italiano.

L’Unione europea è il più importante partner commerciale degli Stati Uniti e gli Usa rappresentano il secondo partner commerciale dell’Unione; alla luce di questa palese constatazione, appare evidente come il raggiungimento di un eventuale accordo sui punti oggetto della trattativa darebbe un impulso straordinario alle transazioni commerciali tra i due mercati e costituirebbe un’occasione unica in particolare per l’export agroalimentare made in Italy verso gli Usa.

“L’esito positivo dei negoziati bilaterali commerciali tra Ue e Usa – dichiara il Presidente Aicig Giuseppe Liberatore – può segnare una vera svolta per le produzioni agroalimentari europee di qualità certificata. Abbattere vincoli doganali e regolamentari fin qui vigenti consentirebbe di accrescere sensibilmente il potenziale export delle aziende italiane verso gli Stati Uniti. In virtù di ciò chiediamo alla Commissione europea, e a tutte le altre Istituzioni a vario titolo coinvolte, il massimo sforzo per il conseguimento di risultati fortemente attesi da tutti gli operatori del settore.”

Ufficio Stampa AICIG

Marte Comunicazione snc di Marzia Morganti Tempestini & C.

Tel 335 6130800 Email: marzia.morganti@gmail.com; press@aicig.it

AICIG –Associazione Italiana Consorzi Indicazioni Geografiche

Via XX Settembre, 98/G – 00187 Roma – tel. +39064420.2718 – fax +39 064426.5620 – info@aicig.it – www.aicig.it

Intolleranze al glutine: 600.000 casi presunti, oltre 135.000 diagnosticati Un fenomeno che cresce ogni anno del 10%

Durante il Festival del Pane di Prato si è parlato di come affrontare questa condizione che in Toscana interessa circa 37.500 persone. Il 25% della popolazione è predisposto allo sviluppo di intolleranze

Grande attenzione alle intolleranze al glutine nella prima edizione del Festival del Pane di Prato. L’evento, organizzato dall’Assessorato alle Attività Produttive del Comune di Prato in collaborazione con le associazioni di categoria per valorizzare le eccellenze gastronomiche del territorio di cui la Bozza Pratese rappresenta un fiore all’occhiello, ha infatti dimostrato profonda sensibilità a questo problema che interessa un numero sempre crescente di persone – l’Associazione Italiana Celiachia stima in  oltre 135.000 le diagnosi ufficiali, in crescita ogni anno del 10% – dedicando alle intolleranze al glutine un intero convegno, tenutosi in apertura di Festival sabato mattina nel Salone Consiliare di Palazzo Comunale. A introdurre i lavori moderati dal giornalista Carlo Cambi, docente di Comunicazione all’Università di Macerata e volto noto della trasmissione La Prova del Cuoco di Rai Uno, è stato l’Assessore alla Salute e alle Politiche Sociali del Comune di Prato Dante Mondanelli il quale ha ribadito l’impegno dell’Amministrazione nel percorrere tutte le strade possibili per contribuire al miglioramento della qualità della vita dei cittadini.

Quello delle intolleranze al glutine è un fenomeno che interessa potenzialmente circa 600.000 soggetti su scala nazionale (dati contenuti nella Relazione Annuale al Parlamento sulla celiachia anno 2011) e solo in Toscana (una delle regioni con i valori più alti) circa 37.500 soggetti (circa 1 ogni 100) di cui 10.753 con diagnosi ufficiale. Il suo sviluppo deriva dalla combinazione di una predisposizione genetica con determinate condizioni ambientali scatenanti: gli studi stimano che circa il 25% della popolazione sia predisposta e questo dato unitamente all’incremento di diagnosi negli ultimi anni ha senz’altro contribuito a considerare la celiachia non più come malattia rara, ma come vera e propria malattia sociale riconosciuta anche dalla legge – la 123 del 2005. Negli ultimi dieci anni per garantire una socialità normale anche ai soggetti intolleranti al glutine, sono cresciuti esponenzialmente gli esercizi gluten free – bar, ristoranti, pizzerie, hotel – e anche le attività formative in tal senso per esercenti, alimentaristi e addirittura per gli insegnanti, che hanno un ruolo di primaria importanza nello sviluppo della socialità di soggetti celiaci in età scolare. Tutte queste attività contribuiscono alla diffusione della cultura del gluten free e un ruolo determinante è svolto dall’Associazione Italiana Celiachia, composta da 20 associazioni regionali onlus per un totale di oltre 60.000 soci, tutti legati dal comune scopo di migliorare la vita ai celiaci e alle loro famiglie, facilitare la diagnosi e stimolare la ricerca scientifica.

L’assunzione di glutine nei celiaci provoca un processo infiammatorio a livello di intestino tenue che con il tempo porta a un malassorbimento delle sostanze nutritive: secondo studi scientifici una soluzione al problema potrebbe essere la creazione di nuovi tipi di grano o la riscoperta di grani antichi. Ad avallare questa ipotesi, i risultati di una ricerca condotta dal Consiglio per la Ricerca e Sperimentazione in Agricoltura CRA-QCE e presentati dalla ricercatrice Laura Gazza: “il glutine non è presente nella farina nel suo stato originale ma si sviluppa quando si aggiunge acqua alla farina e si impasta. E’ un grande polimero naturale elastico ed estensibile, che consente all’impasto di trattenere il gas che si forma durante la fermentazione. Se confrontiamo i grani attuali con vecchie varietà di grano notiamo che questi ultimi hanno minor tenacità del glutine: i frumenti teneri coltivati nella prima metà del secolo scorso risultano infatti meno tossici dei frumenti attuali, che invece sono più reattivi per i pazienti celiaci. Un esempio è il grano Monococco, che presenta un glutine molto poco strutturato”.

Concetto ripreso anche dal professor Stefano Benedettelli, docente presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Firenze che ha sottolineato come nella selezione per ottenere le varietà moderne con cui vengono prodotti pane e pasta, siano stati incrementati oltre ai valori produttivi, le caratteristiche tecnologiche delle farine, determinando un incremento dell’uso di farine raffinate e della lievitazione degli impasti (forza della farina). “Questa velocizzazione nel produrre pane e pasta, può determinare una serie di inconvenienti a chi si alimenta con questi prodotti – ha spiegato Benedettelli – e confrontando le caratteristiche delle farine prodotte da frumenti di varietà antiche con quelle prodotte da varietà moderne si può osservare come le prime abbiano non solo un contenuto di glutine inferiore, ma anche un contenuto di metaboliti secondari molto più variabile rispetto alle moderne e un glutine più debole. Inoltre gli epitopi tossici in grado di scatenare la reazione immunitaria nei soggetti celiaci sono presenti in misura maggiore nelle frazioni proteiche del glutine delle nuove varietà rispetto a varietà antiche. Anche la lievitazione è importante: per avere un pane più digeribile e con epitopi tossici ridotti essa dovrebbe avvenire utilizzando il lievito madre”.

Al convegno sono intervenuti anche Isidoro Martino consigliere AIC, il dottor Giuseppe Vannucchi responsabile del Servizio Igiene Alimentazione e Nutrizione dell’ASL 4 di Prato, il farmacista Ottavio Carbone, il direttore del Consorzio Pane Toscano Roberto Pardini e la dottoressa Donatella Macchia, responsabile presidio di Rete Regionale per la M. Celiaca AS Firenze, la quale ha sottolineato come “ogni diagnosi di celiachia debba necessariamente passare attraverso l’effettuazione di esami immunologici e come la modifica della dieta e dei comportamenti alimentari debba avvenire solo dopo aver individuato e accertato la malattia con analisi diagnostiche mirate”.

A concludere l’incontro, il responsabile del settore valorizzazione dell’imprenditoria agricola della Regione Toscana Simone Tarducci il quale ha rilanciato sull’importanza del settore agricolo per la Regione Toscana e sulla valorizzazione di prodotti della filiera corta: “dal 2007 abbiamo lanciato un progetto sulle mense scolastiche, scegliendo di sostituire i pasti serviti ai bambini con prodotti esclusivamente toscani, spendendo il 10% in più ma con importanti ricadute sull’economia locale derivanti dal fatto che acquistando alla filiera corta si procura lavoro a chi opera sul territorio”.
A cura di

Marte Comunicazione snc, Marzia Morganti Tempestini cell. 3356130800

in collaborazione con Ufficio Stampa Comune di Prato

Dop e doppioni. il prosciutto di San Daniele sfia la sua imitazione canadese – Ufficio Stampa AICIG

consorzio prosciutto intestazione.JPGAll’AICIG di Roma si è svolta ieri pomeriggio la prima degustazione comparata tra l’autentica DOP friulana e il “San Daniele Ham” prodotto a Brampton, Ontario

Roma, 30 maggio  2013 – Ogni anno le imitazioni danneggiano l’export agroalimentare italiano per milioni di Euro, minacciando soprattutto i prodotti Dop e Igp del nostro paese che rappresentano da soli il 38% in valore delle produzioni tutelate dalla Comunità Europea e un fatturato di 6 miliardi.  Un danno da cui è difficile difendersi, perché spesso perpetrato con mezzi ai confini con la legalità, ad esempio registrando marchi che ammiccano al prodotto italiano di qualità. 

DOPeIGP.JPGIl Consorzio del Prosciutto di San Daniele in collaborazione con AICIG (Associazione Italiana Consorzi Indicazioni Geografiche) ha avuto però un’idea originale per dare al consumatore la percezione esatta del problema, organizzando una degustazione comparata tra il prosciutto originale e una sua imitazione. E’ nato così, l’incontro per la stampa e gli operatori del settore dal titolo DOP e DOPPIONI  che si è tenuto ieri pomeriggio nella sede romana della AICIG di via XX Settembre 98/g e che ha messo a confronto la celebre DOP Friulana con un prosciutto canadese che viene commercializzato come “San Daniele”.

“Il caso del Prosciutto di San Daniele è particolarmente significativo – ha commentato il Presidente di AICIG Giuseppe Liberatore al termine dell’incontro – perché è un esempio di come all’estero, in assenza di adeguati strumenti legislativi di tutela per i nostri prodotti, si renda possibile produrre e commercializzare qualcosa che non solo sfrutta l’italiansounding ma addirittura si appropria dei loghi che lo identificano. Uno degli obiettivi principali di AICIG è proprio quello di contrastare questi fenomeni, e lo fa battendosi quotidianamente anche in sedi internazionali perché venga riconosciuta la massima tutela alle eccellenze rappresentative del made in Italy agroalimentare. Questo incontro è servito non solo a mettere al centro dell’attenzione l’importanza della denominazione, ma ha altresì ribadito la necessità di lavorare insieme per garantirne la protezione”.

Il caso della nazione nord americana è dunque un buon esempio delle problematiche che incontrano le DOP italiane in giro per il mondo. Dagli anni ’70 infatti la  St. Maria Foodsltd di Brampton utilizza la denominazione “San Daniele” grazie a una registrazione del marchio in Canada che viene apposto su prosciutti crudi, mortadelle e speck, tutti però prodotti localmente. Un’attività che contribuisce per circa il 50% al giro di affari dell’azienda stimato in 1 miliardo di dollari canadesi (ca 748 mln di Euro).  Ma non è soltanto il nome a essere fuorviante: loghi e immagini che compaiano sulle pagine web dell’azienda, e tutto il contesto grafico, evocano in maniera inequivocabile la vera città di San Daniele con la raffigurazione dei luoghi fisici come le colline, il paese e le Alpi che si trovano in provincia di Udine.

“E’ importante realizzare iniziative come questa – ha affermato il Direttore del Consorzio del Prosciutto di San Daniele Mario Emilio Cicchetti – perché consentono di portare a conoscenza dei media la problematica facendo toccare con mano le differenze. La produzione italiana di DOP e IGP costituisce un asset della produzione industriale del nostro paese oltre che un importante comparto per le esportazioni. Tutelare i marchi e le denominazioni italiane all’estero costituisce un primo importante passo per sostenere il settore ed incentivare l’export”.

Durante l’incontro di ieri, la differenza l’ha fatta soprattutto il gusto. Per la prima volta, infatti, si è resa possibile in Italia una degustazione comparata dei due prodotti nelle stesse condizioni e si è potuto apprezzare come in realtà l’origine geografica della produzione dia risultati anche organolettici molto differenti.

Problematiche simili a quella del Prosciutto di San Daniele in Canada si riscontrano un po’ per tutte le DOP italiane nel mondo e questo incontro ha rappresentato il primo passo per una serie di confronti simili, destinati a educare il consumatore e a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla tutela di quello che è un inestimabile patrimonio italiano.
 
CONSORZIO DEL PROSCIUTTO DI SAN DANIELE
 
 
Organismo incaricato con Decreto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali 26 aprile 2002 della tutela del prosciutto di San Daniele ai sensi dell’art. 14, co. 15, Legge n. 526/99
 

Relazioni Pubbliche e Ufficio stampa: Lead Communication – T. 02 860616
Anita Lissona 335498993 anita.lissona@leadcom.it
Francesca Fassi 3335745199 francesca.fassi@leadcom.it
 
 

Ufficio Stampa AICIG – Marte Comunicazione snc di Marzia MorgantiTempestini& C.
Tel 335 6130800 Email: marzia.morganti@gmail.com; press@aicig.it
 
 

Il Chianti – Angelamaria

Si produce vino Chianti anche al di fuori della zona del Chianti Classico, sotto le Docg Colli Fiorentini, Rufina, Montalbano, Colli Senesi, Colli Aretini e Colline Pisane.
Oltre alla versione normale è consentita la produzione del Chianti Riserva che necessita di un anno in più di affinamento in cantina prima di essere commercializzato.
 Il vino ha colore rosso rubino più o meno cupo, profumi di frutti rossi uniti a sentori vanigliati dati dal legno delle botti grandi o piccole, può possedere buon corpo e struttura con lunga persistenza  gustativa. Nella Docg Classico il Chianti si esprime ai suoi massimi livelli.
 

La Docg.

La legge del cinque agosto 1996 stabilisce i criteri da rispettare per poter produrre Chianti Classico “Docg”: zona delimitata, forme di allevamento della vite, rese per ettaro, produzione massima  eccetera.
Le uve da utilizzare sono il sangiovese, dal settantacinque per cento fino al cento per cento, a cui si può aggiungere il canaiolo nero fino al dieci per cento, il trebbiano toscano e la malvasia bianca singolarmente o congiuntamente fino al sei per cento, altre uve a bacca rossa fino al quindici per cento.
Circa l’ottanta per cento delle aziende con la Docg sono organizzate nel consorzio del “Gallo Nero”, nato per tutelare in Italia e all’estero l’immagine e la qualità del Chianti Classico.
 
 

I supertuscans – Angi

Prima dell’attuale normativa, il disciplinare di produzione del Chianti Classico imponeva l’uso di altre uve, bianche e rosse, oltre al sangiovese.
A causa di questa norma alcuni produttori decisero di uscire dalla Docg e di mettere in commercio vini derivanti da solo sangiovese e quindi classificati come Vino da Tavola: una classificazione formalmente di livelloinferiore ma che vide invece nascere alcuni dei più grandi rossi toscani e italiani che divennero famosi anche all’estero come Supertuscans.
 Oggi molte aziende affiancano al loro Chianti Classico uno o più Vini da Tavola.
 

Il Galestro – Angelamaria

Quando il disciplinare Docg del Chianti consentì di non impiegare più uve bianche, molti produttori si trovarono di fronte al problema dell’utilizzazione delle vigne di trebbiano e malvasia. Nacque così il Galestro, un vino corretto, gradevole e di facile beva, subito sostenuto da una vasta campagna promozionale d’immagine, che ebbe  (ed ha tuttora) grande successo presso i consumatori.
Si trattò anche di una brillante operazione commerciale che consentì a molte aziende di non entrare in crisi e di investire gli utili del Galestro per produrre vini rossi di sempre maggiore qualità.

Un ottimo cosmetico: il limone – Angi

Il limone, oltre ad essere considerato un frutto medicinale, ha proprietà cosmetiche riconosciute. E’ usato, infatti, per molti prodotti industriali di igiene e bellezza.
Ecco, qualche semplice ricetta “casalinga” che potrà esservi utile:
Il succo di limone, ha una forte azione astringente; perciò, si può usare come tonico per la pelle grassa: succo di limone puro, su un batuffolo di cotone precedentemente bagnato con acqua, da passare sulla pelle del viso, dopo aver usato un detergente.
Si possono usare succo di limone ed acqua tiepida, in parti uguali, come normale tonico per la pelle mista. Per purificare e nutrire il viso, fate una crema con il tuorlo d’uovo ed il succo di mezzo limone. Applicatela sul viso, evitando la zona degli occhi: lasciatecela per 20 minuti, poi, toglietela con acqua tiepida.
Se la pelle è molto grassa, tagliate un limone a fettine sottili e applicatele su tutto il viso, proteggendo gli occhi con batuffoli di cotone imbevuti di acqua tiepida. Toglietele dopo dieci minuti.
Per pulire bene il cuoio capelluto e per rendere lucidi i capelli, mettete il succo di un limone in un litro di acqua tiepida e, usatela per l’ultimo risciacquo, dopo lo shampo.
Per pulire ed imbiancare i denti, strofinateli con il succo di limone puro, o con la buccia, dalla parte bianca.
Per togliere le macchie di nicotina sulla pelle, bisogna trattarle due volte al giorno, con succo di limone salato.
Per mantenere morbide le mani, passate sulle mani un po’ di succo di limone, dopo i lavori domestici.

La Puglia è la regione d’ Italia con la più alta produzione vitivinicola

La Puglia è la regione d’ Italia con la più alta produzione vitivinicola, e il Salento contribuisce notevolmente con i numerosi viticultori presenti sul territorio. Il vino a base di uva Negramaro, è al terzo posto tra i vini a denominazione d’origine controllata col maggior tasso di crescita nelle vendite per la grande distribuzione, secondo un’indagine svolta per il Vinitaly nel 2008

Gli italiani e i piccoli riti quotidiani l’alimentazione al 2° posto- Ufficio stampa Yakult

Sintesi dell’indagine demoscopica svolta da AstraRicerche per conto dell’Osservatorio Yakult 2013

Quanto contano le piccole abitudini piacevoli nella vita di ogni giorno dei nostri connazionali? Quali sono le più diffuse, quali gli atteggia-menti sociali nei loro confronti, quale il profilo di chi sa goderne? A queste e ad altre domande risponde la ricerca realizzata a fine 2012 tramite 1.145 interviste CAWI a un campione rappresentativo della popolazione italiana tra i 18 e i 64 anni, pari a un universo di 37.9 milioni di soggetti. Tale studio è stato svolto nell’ambito del programma di indagini periodiche che fa parte dell’Osservatorio Yakult.

Gli Italiani sono uno dei popoli più ricchi al mondo in termini di micro-riti gradevoli: solo un settimo degli adulti (il 14%) non ne coltiva o lo fa in misura infima (al di sopra della media i maschi, i residenti nel nord-ovest, i 35-54enni). E quasi i due terzi di quell’86% che si dedica alle mini-tradizioni quotidiane lo fanno in maniera intensa e articolata: infatti il 30% dei nostri connazionali segnala diversi riti quotidiani (specie maschi, residenti in tutte le regioni set-tentrionali, 45-54enni) mentre ben il 56% racconta di un numero elevato di tradizioni nel ‘giorno per giorno’ (in particolare le donne, i residenti al sud, i soggetti dai 55 anni in su). Con un’aggiunta: su 42 mini-riti quotidiani oggetto d’indagine, in media gli Italiani ne seguono ben 17.8.

Qual è la classifica delle piccole tradizioni gradevoli che accompa-gnano la giornata degli intervistati? La si può ricavare dando un’occhiata alla tabella riportata nelle due pagine seguenti, la quale mostra che sono quattordici le attività indicate da più della metà del campione: in testa l’uso di Internet, seguito dall’alimentazione (buona per il 72% e – in più di due casi su tre – anche salutare per il 55%), dal bere una tazzina di caffè (72%), dal guardare un film al cinema o in televisione (ma ora anche su YouTube, ecc.: 67%), dall’ascoltare della musica amata (64%), dal dedicarsi alla cura di sé (60%), dallo stare con il proprio partner (magari facendo all’amore: 58%), dal muoversi (non necessariamente tramite una vera e propria attività sportiva ma anche solo tramite una passeggiata, una corsa, un po’ di palestra: 58%), dal leggere un libro (58%), dal seguire in televisione un program-ma gradito (56%), dal guardare il telegiornale (55%), dal dedicarsi allo shopping (per piacere e non solo per obbligo: 51%), dal prendersi delle pause nel corso della giornata (51%).

I gradevoli riti quotidiani adottati e desiderati
 

Web a parte, si conferma la nostra antica vocazione nazionale al food & beverage (tra l’altro il 44% adora cucinare, magari non regolarmente) ma con un progressivo spostamento dalle ‘mangiate’ e dalle ‘bevute’ verso consumi sempre edonistici ma ora anche assai attenti all’equilibrio, alla salutarietà, persino alla prevenzione. Colpiscono, inoltre, gli interessi in senso lato culturali e la rilevanza – inedita nella storia del Bel Paese – delle attività fisiche. Il tutto ricordando la nostra peculiare attenzione agli aspetti relazionali della vita, sia a due sia micro-comunitari (coinvolgenti – nell’ordine – il proprio amore, gli amici, i bambini/ragazzi, gli anziani, ecc.).

Al di là degli specifici comportamenti, l’Osservatorio Yakult ha analizzato anche gli atteggiamenti e i giudizi circa le piccole tradizioni quotidiane mantenute perché piacevoli. È emerso che solo il 10% degli intervistati rigetta tali esperienze, considerandole perditempo e distraenti da obiettivi più elevati oppure (in minima misura) figlie di maniacalità ossessiva. I fautori moderati ammontano al 40%. I veri e propri fans dei piccoli riti quotidiani arrivano al 50% (con la consueta leadership femminile e con accentuazioni positive al nord, tra i tardo-adulti e gli anziani così come tra i giovani 18-24enni).

Quali sono le motivazioni di tale straordinario favore collettivo? Le principali sono sei. La prima, certo rafforzata dalla grave e prolungata crisi economico-sociale che coinvolge e travolge l’Italia, si connette alla capacità che le mini-tradizioni gradevoli hanno di sostenere specialmente nelle fasi negative della vita: basti dire che il 71% degli intervistati sostiene che esse “aiutano a vivere meglio anche nei momenti di difficoltà” (una convinzione più diffusa della media tra le donne, i residenti nel Triveneto, i più giovani e i meno giovani). La seconda ha a che fare con la loro funzione felicitante: il 58% del campione afferma che i piccoli riti quotidiani “rendono la vita meritevole di essere vissuta” (una tesi più cara a coloro che hanno più di 54 anni e ai residenti in Veneto/Trentino-Alto Adige/Friuli-Venezia Giulia). La terza ragione deriva dal contributo a ridurre l’incertezza delle persone, eccezionalmente accresciuta in questa fase di instabilità: qui, certo, gioca positivamente la continua ripetizione di piccole esperienze gradevoli che ritmano l’esistenza e sottraggono molti soggetti alla sensazione di totale perdita di controllo. Al quarto posto troviamo l’accessibilità, la sostenibilità economica: i piccoli riti quotidiani, proprio in quanto piccoli, spesso non implicano alcun esborso o costano pochissimo, il che è naturalmente un grande vantaggio in un’era di contrazione dei redditi e dei risparmi. Al quinto posto troviamo la funzione ‘terapeutica’: il disagio, anzitutto psicologico, legato alla fatica del vivere e al connesso stress, fanno sì che le mini-abitudini piacevoli nel day by day agiscano come equivalenti di ‘farmaci’, comunque ‘curando’ – almeno un po’ – il mal di vivere. Infine, oltre due milioni di adulti rivendicano l’appartenenza di questi ambiti d’esperienza al vasto mondo del Made in Italy, giudicando “una vera e propria arte nazionale” il nostro impegno plurisecolare a scandire le giornate con micro-tradizioni spesso allegre e in generale prive di ogni seriosità.

Uno dei risultati più interessanti dell’indagine di AstraRicerche per conto dell’Osservatorio Yakult è quello connesso al profilo psicologico e culturale di coloro che segnalano contemporaneamente un grande favore e un ampio e variegato coinvolgimento in numerosi piccoli riti quotidiani. È emerso che costoro sono assai più della media persone allegre, estroverse, ottimiste, generose e inoltre attive, innovatrici (anche nei consumi), autonome, informate, con forti valori e ideali. Di più: amare e coltivare le mini-tradizioni quotidiane piacevoli è più tipico dei soggetti leali, seri, affidabili, attenti alla qualità e alla sicurezza dei prodotti, orientati alla prevenzione e alla tutela della salute, a volte eleganti e raffinati. Quella forma di self-cocooning, di auto-coccolamento di cui stiamo parlando, si correla fortemente all’autostima, al piacere agli altri, all’essere leaders, a influenzare le persone attivando tam tam e fenomeni virali. Il punto-chiave è che il sapersi dedicare alle mini-tradizioni giorno dopo giorno c’entra assai con la soddisfazione circa la propria vita, col non essere nevrotici e depressi, col saper ricavare e dare piacere nel corso della propria esistenza.

Infine, un’informazione specifica: i consumatori di fermenti lattici probiotici e in particolare quelli di Yakult risultano più coinvolti nella mini-ritualità positiva.

Piccoli riti quotidiani per godersi la vita, anche in tempo di crisi – Ufficio stampa Yakult

Internet, buon cibo, interessi culturali, attività fisica e relazioni affettive:  gli irrinunciabili appuntamenti quotidiani degli italiani.

Quanto contano le piccole, piacevoli abitudini nella vita di ogni giorno? Contano, e molto, soprattutto per gli italiani.
Dall’indagine condotta da AstraRicerche per conto dell’Osservatorio Yakult, gli italiani sono uno dei popoli più ricchi al mondo in termini di piacevoli micro-riti. I numeri sono significativi: l’86% dei nostri connazionali, si dedica a tradizioni e abitudini in maniera intensa e articolata; inoltre, su 42 mini-riti quotidiani oggetto d’indagine, in media gli Italiani ne seguono circa 18.

La classifica dei riti quotidiani
In testa, troviamo l’uso di internet che costituisce una vera e propria abitudine per il 79,1% dei nostri connazionali, in particolare come strumento di informazione, finestra sul mondo e l’attualità.
Si conferma poi l’antica vocazione, tutta italiana, al cibo: l’alimentazione deve essere “buona” per il 72% degli intervistati e anche salutare per il 55%; il 44% degli italiani inoltre adora cucinare, anche se non regolarmente, e si registra un progressivo spostamento verso consumi sempre edonistici, ma ora attenti anche all’equilibrio e al benessere.

Seguono gli interessi culturali: si spazia dal 67% di intervistati che hanno il loro rito nel guardare film al cinema o alla televisione, al 64% di chi ama godersi la propria musica preferita, leggere un libro (58%) o guardare il telegiornale (55%).
Emerge poi un nuovo appuntamento quotidiano – inedito nella storia del Bel Paese – che riguarda l’attività fisica. Per il 58%, infatti, muoversi è un vero e proprio rito, non necessariamente tramite una vera e propria attività sportiva ma anche solo attraverso una passeggiata, una corsa, un po’ di palestra.
Da sfondo ad ogni abitudine o tradizione rimane la nostra peculiare attenzione agli aspetti relazionali della vita. Ciò vale per la vita di coppia – per il 58% degli italiani è un rito passare del tempo con il partner, magari scambiandosi tenerezze – come per i momenti di aggregazione, in attività che coinvolgono i propri amici (49%), i bambini/ragazzi (34%), gli anziani (27%), ecc.

Le motivazioni
La prima è che le tradizioni hanno una funzione terapeutica: in una fase di grave e prolungata crisi economico-sociale, le abitudini svolgono un ruolo di sostegno, contribuendo a ridurre l’incertezza nei momenti negativi e di instabilità. La continua ripetizione di piccole esperienze gradevoli che ritmano le giornate sottrae molte persone alla sensazione di totale perdita di controllo, le aiuta a combattere lo stress e “a vivere meglio anche nei momenti di difficoltà” (71%).
La seconda motivazione ha a che fare con la loro funzione felicitante: il 58% del campione afferma che i piccoli riti quotidiani “rendono la vita meritevole di essere vissuta” e costituiscono il sale dell’esistenza.
Troviamo poi l’accessibilità: i piccoli riti quotidiani, proprio in quanto piccoli, spesso non implicano alcuna spesa o costano pochissimo, il che è naturalmente un grande vantaggio in un’era di contrazione dei redditi e dei risparmi.
Infine, oltre due milioni di adulti giudicano “una vera e propria arte nazionale” il nostro impegno plurisecolare a scandire le giornate con micro-tradizioni spesso allegre e in generale prive di ogni seriosità. È infatti così che la capacità, tipicamente italiana, di “sdrammatizzare” nei momenti di difficoltà diventa una preziosa risorsa.

Il profilo psicologico
In generale, coloro che manifestano un ampio coinvolgimento in numerosi piccoli riti quotidiani sono persone allegre, estroverse, ottimiste e con forti valori e ideali. Questi individui hanno buona stima di se stessi, sono spesso dei leader, innovatori e capaci di dettare mode e tendenze.
Il segreto che sembra svelare questo profilo è che amare e coltivare piacevoli riti quotidiani è strettamente correlato al grado di soddisfazione per la propria vita: più si è realizzati e soddisfatti della propria esistenza, maggiore sarà la capacità di sapersi coccolare e di godere dei piccoli piaceri della vita di ogni giorno.

* Nota tecnica
Questa indagine demoscopica è stata realizzata a fine 2012 tramite 1.145 interviste on line a un campione rappresentativo della popolazione italiana 18-64enne, pari a un universo di 37.9 milioni di soggetti. Lo studio fa parte di un programma di ricerche periodiche nell’ambito dell’Osservatorio Yakult.

Per ulteriori informazioni:
 
Yakult Italia: Sara Orsenigo – Tel. 02/83128.710  – Cell. 340/9706073  
e-mail: SOrsenigo@yakult.it – www.intestinosano.net – www.yakult.it

Il cavatappi – Museo del cavatappi – Barolo (CN)

Il cavatappi nasce nel 1600, ma inizialmente non viene utilizzato solo per  bottiglie di vino: fino all’invenzione del tappo ‘a corona’, alla fine dell’Ottocento, tutti i liquidi erano venduti al dettaglio con il tappo in sughero così che il cavatappi era utilizzato anche, nella sua versione mignon, per bottigliette da profumo e medicine… Alcuni di questi erano realizzati da artigiani di grande fama che creavano piccoli capolavori in oro, argento o altri materiali preziosi, oggi quasi introvabili sul mercato. 

Museo dei Cavatappi a
Piazza Castello, 4
12060 – Barolo(CN)
Tel e Fax: +39 0173 560539
email: info@museodeicavatappi.it
website: www.museodeicavatappi.it
facebook: www.facebook.com/museodeicavatappi

Enologia

L’enologia è la scienza che studia il vino e la sua produzione: dalla vendemmia alla bottiglia ne studia la microbiologia, la chimica e le caratteristiche sensoriali. Il nome deriva dal greco “oinos” (vino) e “logos” (studio). Le caratteristiche di un vino sono determinate essenzialmente da due fattori: il vitigno o i vitigni utilizzati per produrlo, ed il “terroir”, vocabolo francese che non ha un corrispondente termine in italiano, e che indica l’insieme delle caratteristiche geologiche, fisiche e climatiche del territorio nel quale cresce la vite. Ogni vitigno possiede caratteristiche aromatiche tali da influenzare significativamente il vino che ne deriva. Il termine “terroir” comprende il tipo di terreno (calcareo, gessoso, ecc.), il numero di giorni di sole, l’umidità, la temperatura, e le condizioni ambientali in genere; ogni vitigno si adatta più o meno bene ad un “terroir”, per cui il prodotto finale sarà influenzato anche da questa scelta. Perché il vino mantenga le proprie caratteristiche è importante che venga conservato in maniera adatta; in questo senso diventano fondamentali le caratteristiche che deve avere la cantina ideale .